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1888 Arthur Batut

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Arthur Batut nacque a Castres, in Francia, il 9 febbraio 1846.

Non è facile descrivere in poche parole il carattere di quest’uomo. Egli era una persona gentilissima, squisita sotto ogni punto di vista, estremamente intelligente e dotata di una grandissima quantità di doti umane unite ad una rettitudine morale assolutamente fuori del comune. Amava circondarsi di un gran numero di amici, e la sua compagnia era ambita da tutti quelli che lo conoscevano: la sua fervida intelligenza, e la mentalità aperta, ne facevano infatti un compagno di conversazione ideale.

La concezione che egli aveva della vita è contenuta in una frase che amava spesso ripetere e che troviamo scritta nel suo diario personale: " Il segreto della felicità consiste nel vivere la vita senza aspettarsi nulla dalle persone che ci circondano, ma nello stesso tempo occorre viverla come se gli altri si attendessero tutto da noi ". Il profondo senso di queste parole lascia ben trasparire la gran nobiltà d’animo d’Arthur Batut.

Fra gli svariati interessi che quest’uomo aveva ve n’era uno al quale amava dedicarsi in modo particolare: la fotografia. Quando egli nacque questa disciplina era nel periodo della sua infanzia: erano infatti trascorsi appena dieci anni da quando Joseph Nicephore Niepce era riuscito ad ottenere un’immagine negativa su carta sensibilizzata con sali d’argento.
Arthur Batut acquistò ben presto la sua prima macchina fotografica ed attrezzò il proprio laboratorio in un angolo della propria abitazione. Egli amava passeggiare per le vie del suo paese Labruguiere, portando con se la propria "scatola magica" per riprendere immagini della vita di tutti i giorni.
Batut era fortemente attratto anche dalla navigazione aerea e leggeva qualunque cosa in merito a quest’argomento. Era pubblicata a quel’epoca in Francia, una famosa rivista scientifica, "La Nature" fondata e diretta da Gaston Tissandier, noto aerostatista. Nel 1885 lo stesso Tissandier aveva ripreso alcune immagini aeree di Parigi sospendendo la macchina fotografica ad un pallone aerostatico frenato. Fu appunto leggendo tale rivista che Batut ebbe l’idea di sostituire il pallone aerostatico con l’aquilone seguendo il progetto di Esterlin comparso sul "La Nature a.1887".

Batut si mise all’opera per costruire il suo sistema. Realizzò la macchina fotografica con materiali leggeri, come legno, sughero e cartone equipaggiandola con un obiettivo costituito da una lente singola; tale lente, comunque, venne ben presto sostituita da un’ottica anastigmatica.

Lo scatto dell’otturatore era attuato da una miccia che, bruciando lentamente, attivava un meccanismo ad elastico.
Batut ottenne la sua prima fotografia aerea nel mese di Maggio del 1888. Sfortunatamente l’immagine risultò mossa: ciò era dovuto alla scarsa velocità dell’otturatore.

L’inventore apportò ben presto varie modifiche al sistema ponendo particolare attenzione al meccanismo di scatto: cambiando lo spessore, e quindi la potenza degli elastici di gomma che muovevano l’otturatore, riuscì ad ottenere un tempo d’esposizione di circa 1\100 di secondo.

Veduta aerea di En Laure - En Laure aerial view © BATUT MUSEUM

Veduta aerea di En Laure - En Laure aerial view © BATUT MUSEUM

L’anno seguente, e precisamente, il 13 Febbraio 1889, egli scattò un’immagine della propria abitazione, la tenuta di "En Laure", da 127 metri d’altezza; il risultato fu perfetto. La fotografia fu pubblicata sulla rivista "La Nature" del 23 Marzo dello stesso anno unitamente ad un lusinghiero articolo.
Batut, dopo alcuni mesi, inviò all’editore " Gauthier-Villars et fils ", un manoscritto contenente la descrizione dettagliata della sua invenzione. Da questo manoscritto fu tratto il famoso libro "La fotografia aerea per mezzo d’aquilone", pubblicato nel 1890.


Vediamo ora qualche dettaglio dell’intero sistema.
L’aquilone fu costruito modificando un progetto di Esterlin, apparso sulla rivista "La Nature" del 26 Febbraio 1887.
Batut sostituì l’intelaiatura originale, in bambù e vimini, con una in listelli di pioppo a sezione rettangolare, aventi per dimensione 2x0.5 centimetri e lunghezza di 2.5 metri. La traversa arcuata fu realizzata utilizzando due lame di spada N°5, saldate fra di loro e fissate a circa 50 centimetri dal vertice superiore dell’aquilone. Fra i due listelli, costituenti il longherone, erano inseriti altri dispositivi: una struttura a scatola, costruita con sottili asticelle di legno, destinata a sostenere il sistema di sospensione della macchina fotografica, e due piccoli listelli sempre in legno, ai quali era fissata la briglia. Una sottile funicella univa i quattro vertici dell’aquilone: la velatura, in carta robusta, era incollata sopra questa e gli angoli erano rinforzati con tessuto di cotone leggero.
L’aquilone era munito di una coda lunga circa 12 metri, realizzata annodando dei rettangoli di carta lungo una doppia cordicella.

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La macchina fotografica era costruita in legno e cartone e funzionava con lastre di pellicola 13x18 cm. L’otturatore, del tipo " a ghigliottina ", era mosso da robusti elastici di caucciù. La fotocamera veniva fissata lungo la spina dorsale dell’aquilone per mezzo di due supporti scatolati in legno, di forma triangolare, che opportunamente combinati fra di loro, consentivano di orientarla in varie direzioni.
Batut aveva realizzato anche un congegno molto ingegnoso per stabilire da quale altezza le fotografie erano scattate. Tale congegno era imbarcato sull’aquilone, fissato immediatamente a ridosso della fotocamera. Si trattava, in estrema sintesi, di una piccola "camera oscura", senza obiettivo, all’interno della quale era sistemato un piccolo barometro aneroide. Nel momento stesso in cui la macchina fotografica principale riprendeva l’immagine, era azionato anche l’otturatore del sistema di rilevamento altimetrico. La luce, penetrando attraverso una fessura, proiettava l’ombra dei due indici del barometro (quell’indicatore e quello di riferimento) su di una pellicola posta dietro di loro. Misurando lo scarto in millimetri fra i vertici delle due ombre e moltiplicandolo per 12 si otteneva, con buonissima approssimazione, l’altezza raggiunta dall’aquilone. Considerando la qualità dei materiali che Batut aveva a disposizione i risultati, raggiunti, sono assolutamente ragguardevoli. Il peso totale dell’aquilone era di 1,800 Kg e quello dell’equipaggiamento da portare in volo (il supporto triangolare, la macchina fotografica e la "camera oscura" completa di barometro) di 1,200 Kg. A questo va aggiunto il peso del cavo di ritenuta, consistente in una cordicella di canapa del diametro di 3,5 millimetri e della lunghezza di 244 metri, che era di 1,900 Kg.

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L’anno successivo alla pubblicazione del libro, Batut, ricevette una lettera proveniente da Reims scritta da parte di Emile Wenz, il quale, si dichiarava entusiasta dei risultati ottenuti da Batut e gli manifestava il desiderio di incontrarlo approfittando del suo passaggio nei pressi di Labruguiere. L’appuntamento fra i due venne fissato per il 26 settembre del 1891. Questa data è molto importante poiché segna la nascita di una collaborazione molto proficua per lo sviluppo della fotografia aerea. Il problema successivo, che si pose a Batut, consisteva nell’impossibilità di direzionare in modo semplice e sicuro l’obiettivo della macchina. Solo dopo vari studi realizzò un sistema definito a "cardano" ; esso consisteva in due "cornici" di legno poste l’una dentro l’altra: la prima, che sosteneva l’apparecchio, poggiava mediante un paio di perni sulla seconda, la quale, a sua volta, appoggiava al sostegno esterno mediante altri due cardini il cui asse era perpendicolare all’asse dei primi. Batut era così in grado di disporre la macchina combinando opportunamente le due cornici.
Nel corso degli ultimi anni il sistema venne costantemente migliorato. Il progresso della tecnica mise a disposizione obiettivi sempre migliori, ed otturatori capaci di raggiungere velocità sempre più elevate; tutto questo andava a vantaggio della nitidezza delle immagini. Arthur Batut nel corso della sua vita scattò moltissime foto aeree, la maggior parte delle quali di ottima qualità: bisogna considerare che i mezzi messi a disposizione dalla tecnica dell’epoca erano molto poveri. La stragrande maggioranza delle suddette immagini fu ripresa nei dintorni di Labruguiere: Batut, infatti, non amava allontanarsi dalla sua amatissima cittadina. Il geniale inventore morì, a causa di un infarto, il 19 gennaio 1918, all’età di settantadue anni.

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Replica sistema fotografico Batut

riproduzione Andrea Casalboni 2018
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La macchina fotografica, come descritto da Batut, va realizzata autonomamente, in quanto, non esistevano in commercio macchine in grado di soddisfare le caratteristiche necessarie per fare foto aerea; leggerezza, resistenza e velocità dell'otturatore.

Come primo elemento serve un obiettivo che copra un formato 9X12 ed una distanza focale di 150-160mm.

Trovato l'obiettivo sono partito con la costruzione della macchina stessa, la "scatola" principale è realizzata con quattro sottili tavole di abete da 4mm come i relativi pannelli di supporto dell'obiettivo e di copertura dello stesso.

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Solo la chiusura posteriore è realizzata con un pannello da 10mm di spessore al fine di realizzare sul suo perimetro una scanalatura che si incastri a tenuta di luce nella scatola principale.

Una volta realizzata la scatola principale con relativa copertura dell'obiettivo e realizzata la chiusura posteriore ho testato il punto di messa a fuoco. Una cornice di dimensione del porta lastre, ricoperta con un foglio di carta per lucidi, mi consente di farla scorrere all'interno della scatola fino a trovare il punto in cui il filamento della lampadina è a fuoco, altri soggetti per determinare la messa a fuoco possono essere edifici od alberi con bordi netti.

Trovato il punto di messa a fuoco ho segnato i quattro angoli e piantato dall'esterno 4 chiodini in modo da realizzare un appoggio esatto per il porta lastre.

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Terminato il lavoro di messa a fuoco si può ultimare la scatola tinteggiandola all'interno e nelle parti mobili con "pirolignite di ferro" o mordente all'acqua nero.

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Successivamente si può passare alla copertura della parte esterna, questa è una fase molto importante per dare rigidità alla macchina fotografica, la copertura è realizzata con carta nera incollata con colla di amido di mais. Questo tipo di colla rende ancora più rigida la struttura, l'ausilio di una spatola d'osso per rilegatura permette di lisciare e stendere perfettamente la carta.

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L'otturatore

Le parti fisse e mobili dell'otturatore sono realizzare in noce, che tra i legni, ha una grana compatta e riduce il passaggio di luce attraverso le sue fibre.

L'otturatore si compone di un supporto che andrà fissato alla scatola e da una parte mobile che deve scorrere attraverso una fessura che verrà realizzata con due piccoli listelli dello spessore della parte mobile. Un coperchio con un foro di dimensione dell'obiettivo completa il supporto.

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Ad una estremità della parte mobile va incollato un piccolo cuneo ricoperto di carta pergamena, la funzione della carta, essendo morbida, è quella di conficcarsi al termina della sua corsa nella fessura di guida in modo da non esporre nuovamente la lastra.

Nel cuneo verrà realizzato uno scanso adatto per ospitare l'elastico che consente il movimento della parte mobile, l'ultimo componente del sistema è la leva di blocco della parte mobile, questa agirà sulla parte opposta del cuneo e manterrà aperta la parte mobile sino a che la miccia di rilascio non taglierà l piccola legatura in cotone che la tratteneva.

Tutto il sistema di scatto verrà ricoperto con un cartoncino resistente che aumenterà l'isolamento alla luce e proteggerà le parti mobili, per rinforzare il perimetro su cui poggerà il cartoncino si utilizza un listello in sughero.

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La camera si completa con il posizionamento su due facce delle viti per il fissaggio al supporto di inclinazione e con due piccoli chiodi ripiegati per il fissaggio del coperchio posteriore, questi due chiodini verranno poi coperti da una fascia elastica che ne impedisce la fuoriuscita e protegge dalle infiltrazione di luce.

Supporto macchina fotografica

Per fissare la macchina fotografica all'aquilone è necessario un supporto di forma adeguata.
Tale forma è ricavata considerando che l'inclinazione dell'aquilone in volo rispetto al terreno che è pari ad un'angolo di 33° e che per una vista a volo d'uccello è necessario che la macchina sia inclinata rispetto al terreno di 26°.

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Questo supporto va realizzato in due parti per permettere di dirigere l'obiettivo in due differenti direzioni, a vista d'uccello a 26° oppure in pianta a 90°, oltre che permettere la rotazione anche laterale.
Il supporto è realizzato con tavole da 5mm di pioppo, incollate e inchiodate a unite per mezzo di una vite passante tra le due parti, mentre sul lato superiore è dotato di due viti che ne permettono il fissaggio al trapezio sulla spina centrale dell'aquilone.

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Il fissaggio sul trapezio di supporto avrà due posizioni, una più avanzata per il fissaggio macchina a 26° e una più arretrata per il fissaggio macchina con vista a 90°, in questo modo si mantiene una posizione centrale rispetto al trapezio della macchina fotografica ed il conseguente punto di equilibrio dell'aquilone.

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